"Ancora oggi il nostro alfabeto conserva alcune caratteristiche di quello calcidese: quando scriviamo la L, con l’asta breve in basso, e usiamo il segno X per esprimere il suono ics, documentiamo inconsciamente che la scrittura oggi in tutto il mondo occidentale, deriva da quella adoperata a Pithecusa nell’VIII secolo a. C.”.
Quest'affermazione del grande archeologo Giorgio Buchner, che fa seguito alla scoperta, da egli stesso compiuta, dell’ormai famosissima Coppa di Nestore, è la prova più evidente che Ischia non è una "banale” località turistica. Sarebbe forse più corretto dire che Ischia è un posto di vacanze, rinomato per le sue terme e per il suo clima, soprattutto perché della sua bellezza, delle proprietà benefiche delle sue acque e della fertilità del suo terreno si accorsero i marinai provenienti dall'isola di Eubea che ne fecero la prima colonia della Magna Grecia, il primo avamposto in Occidente del pensiero classico.
Favoloso!
Certo, Calcidesi ed Eretriesi non scelsero Ischia con l’intenzione primaria di farne una colonia agricola. Non depongono a favore di questa ipotesi né l’orografia prevalentemente collinare del territorio, né il fatto che Ischia e Cuma rimangono le due colonie più settentrionali (nonché, appunto, le più antiche) di tutti gli insediamenti realizzati dai Greci lungo la penisola. In altri termini, se il fine fosse stato solo quello di sfruttare la fertilità del terreno, non si capisce perché i Greci avrebbero dovuto allontanarsi tanto dalla madrepatria.
La tesi più plausibile, suffragata dai molti reperti archeologici ritrovati nella necropoli di San Montano e sull’acropoli di Monte Vico (
Lacco Ameno) è che Pithecusa fu scelta per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, in modo da farne base d’appoggio e emporio mercantile per il commercio del ferro e degli altri metalli dell’isola d’Elba. Più specificatamente, la fondazione di Pithecusa rispondeva a una precisa strategia commerciale finalizzata ad assicurarsi il mercato del ferro e del rame proveniente dalle cave elbane, scambiando pregiate merci orientali con gli Etruschi.
Le conseguenze di una tale strategia sono state due: il primo è che nelle tombe pithecusane della seconda metà dell’VIII secolo sono state trovate una quantità e una varietà di oggetti provenienti da località diverse e lontane tra loro (Siria, Egitto, Etruria, Puglia, Calabria) che non trova paragoni in nessuna altra necropoli greca contemporanea, comprese quelle che si trovano nella stessa penisola ellenica. Il secondo risultato è che la fondazione di Pithecusa fu decisiva per l’evoluzione civile delle popolazioni italiche ed etrusche che vi entrarono in contatto.
Senza i Calcidesi e gli Eretriesi che popolarono Ischia probabilmente si sarebbe arrivati molto dopo alla
coltivazione della vite, dell’olio e, soprattutto, a scrivere secondo quelle precise caratteristiche alfabetiche di cui ancora oggi conserviamo traccia. Non è azzardato dunque affermare che l’isola d’Ischia per “
caso e necessità” - secondo la celebre massima di Democrito - ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione e nel consolidamento di ciò che comunemente chiamiamo «Occidente».
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