"Scendevo alla spiaggia dei pescatori, stavo i pomeriggi a guardare le mosse delle barche. Con il permesso di mamma potevo andare su una di quelle, lunghe, coi remi grossi come alberi giovani. A bordo facevo quasi niente, il pescatore si faceva aiutare in qualche mossa e mi aveva insegnato a muovere i remi, grandi il doppio di me, stando in piedi e spingendo il mio peso su di loro a braccia tese e in croce. [...] Al pescatore serviva in qualche momento la mia piccola forza ai remi. Non mi faceva accostare agli ami, alle lunghe lenze col piombo di profondità. Erano attrezzi di lavoro e stavano male in mano ai bambini. In terraferma, a Napoli, invece stavano eccome i ferri e le ore di lavoro sui bambini."
(tratto da I pesci non chiudono gli occhi di Erri De Luca, Feltrinelli editore, 2011)
Se mai ci fosse bisogno di prove sul fatto che Ischia è molto più di una semplice località balneare, sono sufficienti le poche righe dello scrittore napoletano Erri De Luca per far emergere cosa c’è dietro un tramonto, un pescatore che rammenda le reti, un piccolo gozzo che va per mare. C’è l’illusione di potersi sottrarre, almeno per il tempo dell’estate, alla durezza della vita, ai ferri e alle ore di lavoro sui bambini che... invece stavano (e stanno) eccome in terraferma, a Napoli.
In questo senso il turismo di massa dell’isola e, in particolar modo, della zona del Lido di Ischia Porto non è l’occasione mancata per uno sviluppo in grande stile, come tante volte si sente dire da chi guarda con diffidenza ai grandi numeri dell’isola, ma la domanda di una ricompensa alle asperità della vita, ai sacrifici compiuti per la famiglia e i figli.
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